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Proteggere il nostro cane da zecche e pappataci

Con la bella stagione non c’è niente di più piacevole che fare una bella scampagnata serale con il proprio cane, tra lussureggianti ciliegi fioriti e verdi prati occhieggianti di farfalle.

In quello che sembra un vero paradiso, dove trascorrere qualche ora in compagnia del proprio fido, nascoste dalla penombra delle foglie o in trepidante attesa su qualche filo d’erba, vi sono dei piccoli “vampiri” assetati che aspettano il momento buono per farsi l’agognato pasto di sangue.
Non appena un’ombra sfiora le loro sensibili antenne e qualche vibrante e tiepido calpestio le sveglia dal torpore, ecco che zecche e pappataci scattano furtivamente dalla zona di appostamento e con artigli, rostri ed altri strumenti affinati da secoli di evoluzione, si ancorano all’animale per fare un bel “rifornimento” di sangue.
Purtroppo, questi parassiti, oltre a provocare lesioni cutanee che possono infettarsi e cagionare uno spiacevolissimo prurito, insidiano anche la salute dell’intero organismo.

Sia del cane che nell’uomo possono generare stati di malattia molto seri, trasmettendo quelle che la scienza ha chiamato malattie da vettori (VBD- vector born disease, per gli anglosassoni), una serie di gravi patologie provocate da certi batteri o protozoi, che albergano nelle ghiandole salivari di questi insetti pungitori.
Mentre zecche e pappataci fanno il pasto, attraverso la loro saliva gli agenti patogeni possono infettare l’ospite parassitato, scatenando, a volte, terribili malattie sistemiche, come, ad esempio, il Morbo di Lyme nell’uomo o la Leishmaniosi nel cane.

Il morbo di Lyme viene provocato dal morso della zecca Ixodes Ricinus, “zecca del bosco”, tipica degli ambienti forestali umidi quali boschi, praterie erbose, brughiere, margini di foreste di latifoglie e pascoli.
È parassita di numerosi vertebrati domestici, soprattutto ovini e bovini, e selvatici (caprioli, cervi, volpi, lepri) che fungono da serbatoio naturale.
In genere predilige un microclima fresco-umido essendo una specie poco resistente alla disidratazione.
Questa è una zecca molto difficile da controllare, in quanto ha un ciclo a 3 ospiti, cioè necessita di un ospite per ciascuno stadio di sviluppo ed anche l’uomo può fungere da ospite: sono particolarmente a rischio i boscaioli e le guardie forestali.
Questo aracnide è capace di trasmettere all’uomo ed al cane il patogeno spirocheta Borrellia Burgdoferi.

A 24-48 ore dal morso compare un tipico eritema migrante nella zona colpita, spesso accompagnato da febbre, mal di testa, spossatezza e dolori muscolari.
In un secondo momento possono anche insorgere complicanze cardiache e neurologiche.
Il livello di sieropositività nella popolazione italiana è stimabile attorno al 5%, passando da valori del 2,4% in Sicilia, al 4,1% dell’area bolognese, fino a giungere a livelli superiori al 10% in popolazioni residenti in aree endemiche (Liguria, Trentino, Veneto, Friuli Venezia Giulia) o sottoposte ad elevato rischio per motivi professionali (forestali).
A partire dal primo caso descritto in Italia nel 1983 fino ad oggi, il numero di casi accertati clinicamente e mediante diagnosi di laboratorio ha superato il migliaio e sono in costante incremento su base annua.
La Babesiosi o Piroplasmosi è, invece, una malattia tipica del cane, trasmessa dalla zecca Ripichephalus Sanguineus, un parassita molto diffuso negli ambienti urbani, come case, piccoli parchi e canili. Il batterio Babesia Canis, una volta giunto al circolo sanguigno, infetta i globuli rossi e può scatenare quadri di malattia, da iper-acuti (anemie molto gravi) a acuti (febbre, turbe intestinali) o cronici (affaticamento).

Per prevenire l’infestazione da zecche, gli specialisti consigliano di trattare i cani preventivamente almeno un mese prima dell’inizio della stagione a rischio (fine febbraio-inizio marzo).
Utilizzare prodotti acaricidi almeno fino a ottobre e novembre. Trattare tutti gli animali presenti nello stesso ambiente.

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